Valli da pesca
Introduzione
Il nome deriva dal latino “vallum” che
significa argine o protezione.
La valle
da pesca è un’area lagunare separata dalla laguna
aperta da una recinzione fissa costituita oggi da pali o argini nella quale
si pratica la vallicoltura,
una pratica di itticoltura estensiva. Tale sistema richiede grandi specchi
d’acqua in modo che la produzione sia sufficiente a coprire le spese di
gestione, nonostante la resa per unità di superficie sia bassa.
I documenti dal XI secolo in poi testimoniano che la proprietà delle valli
era in mano a poche famiglie nobili e ai monasteri benedettini, che le concedevano
in gestione tramite contratti di locazione solitamente annuali, ma che spesso
venivano riconfermati allo stesso conduttore anche per decine di anni.
Nel contratto di affitto delle valli che lo stato veneziano stipulava con
i conduttori c’erano delle clausole che attribuivano al gestore il compito
di provvedere anche alla costruzione di argini e fossi a protezione delle
valli stesse e comunque di opere a difesa dell’ambiente lagunare. Le spese
sostenute dai vallesani per i lavori e i miglioramenti dovevano poi essere
rimborsate dall’amministrazione dogale.
All’interno della valle veniva praticato l’allevamento del pesce e la caccia,
ed entrambe queste attività costituivano per la Serenissima una grande
riserva di cibo che le permettevano una certa autosufficienza alimentare
in caso di necessità.
Nella laguna
di Venezia il loro sviluppo complessivo copre un’area di circa 92 Km2,
che costituisce 1/6 della superficie lagunare: ci sono valli più piccole,
con una superficie di poche decine di ettari, e altre molto grandi, fino
a 1500 ettari (da Cavazzoni S., “La laguna: origine ed evoluzione”
e Zanetti M., “La valle da pesca lagunare: caratteri strutturali e funzionali”
in “La laguna di Venezia”).
Si trovano nella parte più interna delle lagune nord e sud, nella fascia
della gronda (vedi la mappa Barene
e Valli da pesca nel sito della Banca
Dati Ambientale, nella sezione Immagini).
Il fatto di essere separate dalla laguna
da recinzioni fisse le esclude dal flusso e riflusso della marea:
l’introduzione delle chiusure fisse nelle valli è stata dettata dall’esigenza
di sottrarre l’ambiente vallivo dalla variabilità dell’ambiente lagunare,
soprattutto per quanto riguarda l’inquinamento
causato dalle zone industriali e dai concimi chimici usati nelle campagne.
La valle da pesca è un’area artificializzata, creata a scopi produttivi,
ma che mantiene elevati livelli di naturalità, contribuendo alla protezione
dell’ambiente lagunare. Inoltre costituisce un luogo importante per la nidificazione
di molti uccelli (da Torricelli P., Bon M., Mizzan L., “Aspetti
naturalistici della laguna e laguna come risorsa ”
- Parte Prima: Aspetti naturalistici
della laguna).
Funzionamento della
valle da pesca
I pesci nell’alto Adriatico si riproducono in mare, nella
zona delle tegnue,
dove i numerosi anfratti delle rocce li proteggono dalle correnti e dai
possibili predatori (vedi scheda Affioramenti
rocciosi). Durante la fase giovanile invece si spostano all’interno
della laguna,
perché qui trovano cibo e non ci sono predatori. E’ proprio questa abitudine
dei pesci di spostarsi verso l’interno che viene sfruttata dai vallicoltori,
che raccolgono il pesce durante la fase di montata e ne impediscono
l’uscita dalla valle sbarrandone l’ingresso. L’unico pesce che viene allevato
in valle e che non si riproduce in Adriatico è l’anguilla, la cui area di
riproduzione è localizzata nel Golfo del Messico.
Mentre la smontada (discesa a mare) dei pesci avviene ogni anno durante
il periodo invernale, le anguille una volta entrate in laguna
vi rimangono, affondate nel fango dei fondali, per qualche anno fino a quando
non raggiungono la maturità sessuale: a questo punto migrano verso il mare
per riprodursi. Secondo alcuni studiosi, le valli da pesca probabilmente
esistevano in laguna
ancora prima della fondazione della città di Venezia.
Sicuramente questa pratica veniva condotta fin dal Medioevo, quando le arginature
erano mobili e costituite da graticci di canna (grisole):
questa tecnica permetteva di catturare il novellame,
mentre attualmente, a causa della presenza delle arginature fisse introdotte
dopo la caduta della Serenissima (la Repubblica aveva sempre impedito la
costruzione di arginature fisse perché uno dei suoi principi era quello
di eliminare qualsiasi impedimento all’espansione libera dell’onda di marea)
e della variabilità nella quantità del pesce che rimonta naturalmente, l’immissione
del novellame
deve essere fatta artificialmente (da Cavazzoni S., “La laguna: origine
ed evoluzione” in “La laguna di Venezia”).
Già a partire dal 1314 vennero emesse leggi riguardanti le valli da pesca,
e per delimitare l'area soggetta a queste ordinanze e alle altre leggi emesse
dal Magistrato alle Acque nel 1719 si posero 100 cippi che fissavano la
Conterminazione
lagunare. Nonostante le valli fossero di proprietà di ricchi
signori, costoro non si occupavano né interessavano minimamente dell'allevamento
del pesce, ma la loro attenzione era rivolta principalmente alle risorse
venatorie che in esse si trovavano. Inizialmente le valli erano di due tipi:
· Valli a seragia:
il livello dell'acqua interno alla valle è dipendente dal livello delle
acque esterne, in quanto la valle è circondata da una parete continua formata
da pali, grisole
e pertiche
legate assieme con vimini;
· Valli ad argine: il livello d'acqua interno
è reso indipendente da quello esterno grazie ad argini di terra fissi, chiaviche,
porte a saracinesca, regolati dal vallicoltore.
Il processo di chiusura delle valli ebbe inizio tra l’Ottocento e il Novecento
a seguito di studi e di osservazione compiute da studiosi come l’ing. Bullo,
che ideò il canale circondariale e lo applicò alla valle Pierimpié, di sua
proprietà. In seguito, verso la metà del Novecento, lo stato italiano fornì
contributi per incentivare l’arginatura delle valli.
Il prelievo del pesce novello dagli ambienti lagunari aperti viene effettuato
dai “pescenovellanti”: alla fine del 1800 questa professione era
una delle attività di pesca più importanti per i pescatori di Burano, Caorle,
Cortellazzo, Pellestrina e Chioggia, e si svolgeva dalla seconda metà di
marzo fino alla metà di giugno, ed era molto redditizia (da A. Granzotto,
P. Franzoi, A. Longo, F. Pranovi, P. Torricelli, La
pesca nella laguna di Venezia: un percorso di sostenibilità nel recupero
delle tradizioni. Lo stato dell’arte). I pescatori della
Valle di Comacchio fin dall'antichità procedettero alla chiusura fissa con
arginature stabili di tutta la loro laguna
e si specializzarono nell'allevamento delle anguille.
Strutture dalla
valle da pesca
Le strutture principali della valle sono:
1.
Strutture che permettono la comunicazione tra l’ambiente vallivo e la laguna
da una parte, e tra la valle e i fiumi dall’altra: sono costituite dalle
chiaviche,
formate da paratie mobili sorrette da strutture in muratura manovrate a
mano. Il loro manovramento permette di dosare il grado di salinità
ottimale per le specie
ittiche allevate e di effettuare il ricambio dell’acqua.
Ce ne sono disseminate lungo tutta la valle, e servono
principalmente per collegare i diversi bacini interni, mentre quella principale
che mette in comunicazione la valle con la laguna si trova nelle vicinanze
del cason di pesca.
2. Strutture per il trasporto
dell’acqua, costituite da canali artificiali, dall’andamento rettilineo,
e da canali naturali, riconoscibili dal loro andamento sinuoso.
3. Strutture per la cattura dei
pesci: vengono chiamate lavorieri,
e fanno parte di vasche molto grandi che comunicano direttamente con la
chiavica
principale, nelle quali vengono intrappolati
i pesci della valle durante una fase particolare del loro ciclo di allevamento.
I lavorieri
sono chiusi dalle cogolere,
formate da due pareti verticali formanti un angolo acuto.
4. Strutture per la stabulazione
dei pesci: sono le peschiere di sverno, bacini dove i pesci che
sono stati introdotti all’inizio della primavera e che non hanno raggiunto
ancora la taglia adatta per essere immessi sul mercato vengono tenuti
durante l’inverno.
Solitamente la maggior parte dei pesci di valle impiegano
2 o 3 anni per raggiungere la taglia adatta per essere messi in commercio,
mentre per le anguille il periodo necessario per la crescita si aggira intorno
agli 8 anni.
Per proteggere questi bacini dal freddo vento invernale fino a poco tempo
fa venivano piantate lungo il loro perimetro delle siepi di tamerice
(Tamarix
gallica), che costituivano anche un ottimo habitat
per gli aironi rossi (Ardea
purpurea). Attualmente vengono usate delle reti sintetiche.
Le peschiere di sverno sono profonde, in modo che l’acqua del fondo
rimanga più calda e i pesci vi si possano rifugiare durante il periodo freddo.
Nelle valli dove c’è anche acqua dolce, durante la stagione invernale viene
fatto scorrere sulla superficie delle peschiere di sverno un velo
d’acqua dolce, che successivamente ghiaccia e isola gli strati sottostanti
dal freddo.
5. Strutture di abitazione: il
cason di pesca è la sede operativa e direzionale della valle, per
lo più in stile ottocentesco, che viene adibita ad alloggio del personale
che vi risiede per alcuni periodi. Accanto al cason sono collocati
i magazzini delle attrezzature, i magazzini frigorifero e la cavana principale,
dove vengono tenute le barche di servizio.
Le edificazioni sono posizionate su terreni emergenti (mote) costruiti dall’uomo
accumulando materiale inerte, che non vengono mai sommersi dalla marea.
Attività
della valle da pesca
L’attività annuale delle valli prende avvio all’inizio
della primavera.
Inizialmente vi è l’immissione nelle vasche della valle degli avannotti.
Questi per la maggior parte vengono prodotti all’interno dell’impianto,
altri vengono catturati in mare (pesca del pesse novelo) mentre
solo una minima parte giunge nelle valli con la rimonta naturale.
Il novellame
viene inizialmente immesso nel seragio
del pesse novelo, una sezione separata dal resto della
valle dove il pesce viene tenuto per almeno due mesi in modo tale da acclimatarlo
alle condizioni della valle. Nei seragi è molto importante che
sia mantenuto un livello di salinità
e di ossigenazione ottimale alla sopravvivenza e alla crescita del novellame.
Quando hanno raggiunto una taglia sufficiente, i pesci vengono immessi
nella valle vera e propria attraverso delle chiaviche.
Da questo momento fino all’inizio dell’autunno i pesci vengono fatti circolare
all’interno delle chiaviche
manovrate dal personale della valle.
Successivamente alla fine dell’autunno il pesce viene indotto verso i
lavorieri,
collocati verso il mare, mediante l’immissione in valle tramite le chiaviche
di acqua fredda, che richiama i pesci a dirigersi verso il mare, dove
la temperatura dell’acqua è più alta e dove nei mesi invernali avviene
la riproduzione.
Il pesce catturato nei lavorieri
viene selezionato e quello che ha raggiunto una taglia sufficiente viene
inviato ai mercati ittici, mentre gli esemplari di dimensioni inferiori
vengono immessi o indotti nelle peschiere di sverno, all’interno
delle quali trascorreranno l’inverno.
In queste strutture la temperatura, l’ossigeno disciolto e la salinità
devono essere tenute costantemente sotto controllo per non compromettere
le condizioni vitali dei pesci.
Nelle valli da pesca talvolta viene svolta anche un’attività
venatoria, e nelle valli dove questa attività viene esercitata è
possibile rinvenire delle tipiche costruzioni, le botti da caccia. (da:
Zanetti M., “La valle da pesca lagunare: caratteri strutturali e funzionali”
in “La laguna di Venezia”).
Valore ecosistemico
della valle da pesca
L’importanza delle valli nell’ecosistema
lagunare era già chiara alla Serenissima, che nel 1624 dichiarò le valli
di proprietà di coloro che vi effettuavano la pesca, sottraendole all’uso
pubblico per preservarne la funzionalità.
In esse gli argini presentano la vegetazione tipica degli ambienti alofili
di barena,
e la biodiversità
è alta, anche se modificata quantitativamente rispetto a quella originaria,
grazie alla ricchezza delle catene trofiche largamente corrispondenti a
quelle lagunari originarie, che sono la base per le specie
ittiche allevate.
Fauna
In questa aree infatti trovano un ambiente ottimale per la nidificazione,
lo svernamento e l’approvvigionamento di cibo molti Anatidi e uccelli acquatici
che vengono in laguna
a svernare dal Nord Europa, ma anche altri uccelli che vivono stabilmente
in laguna,
piccoli mammiferi, rettili.
Nelle valli vengono allevati anguille (Anguilla
anguilla), cefali (Mugil
cephalus), branzini (Dicentrarchus
labrax), orate (Sparus
aurata), tutte specie
che riescono a tollerare ampie variazioni di salinità
(eurialine).
La valle inoltre offre condizioni ideali per la nidificazione di molti uccelli,
soprattutto nei canneti degli ambienti di acqua dolce.
Vi si trovano specie
nidificanti come il germano reale (Anas
platyrhynchos), il falco di palude(Circus
aeruginosa), la gallinella d’acqua
(Gallinula
chloropus), la folaga (Fulica
atra), il fratino (Charadrius
alexandrinus), la sterna (Sterna
hirundo), il pendolino (Remiz
pendulinus), l’airone rosso
(Ardea
purpurea), la Pettegola (Tringa
totanus), la Nitticora (Nycticorax
nictycorax).
Altre specie
sono solamente di passaggio durante i mesi invernali, come lo svasso
maggiore e piccolo (Podiceps
cristatus e P.
nigricollis), l’airone bianco
(Egretta
alba), diverse specie
di Anatidi.
Oltre ai pesci e agli uccelli nelle valli da pesca sono presenti piccoli
mammiferi come il topolino delle risaie (Micromys
minutus), il toporagno d'acqua (Neomys
fodiens), la puzzola (Mustela
putorius), la faina (Martes
foina), l’arvicola d’acqua (Arvicola
terrestris), la donnola (Mustela
nivalis), il riccio (Erinaceus
europaeus).
Anche il biacco (Coluber
viridiflavus) e le bisce d’acqua (Natrix
natrix e N.
tessellata) fanno la loro comparsa.
Flora
La vegetazione emersa delle valli da pesca è quella tipica
delle barene
(Salicornia, Limonio, Puccinellia), anche se con associazioni e dominanze
diverse. Mentre nelle barene infatti l’evoluzione della vegetazione si interrompe
a causa di condizioni limitanti come la salinità,
nelle valli da pesca il terreno è più adatto ad un avanzamento della sequenza
verso il canneto.
Le associazioni che si trovano in prevalenza nelle barene
all’interno delle valli sono il Limonio – Puccinellietum palustris,
caratterizzato da Puccinellia
festuciformis, Limonium serotinum, e Juncus
maritimus (negli ambienti meno alofili); e il Puccinellio
– festuciformis – Arthrocnemum fruticosi, che presenta la Sarcocornia
fruticosa, su suoli molto salati e aridi nel periodo estivo.
La vegetazione sommersa è formata principalmente da due associazioni vegetali
di fanerogame,
che costituiscono una preziosa fonte di cibo per gli anatidi: quella a Zostera
noltii, che si sviluppa nelle zone salmastre con un buon
ricambio idrico, e quella a Ruppia
maritima, presente in aree a minore salinità
e a maggiore stabilità.
Nelle aree di dolce è presente il canneto rappresentato dalla graminacea
Phragmites
australis, che riesca a sopportare anche la presenza di sale,
pur se in basse concentrazioni. Dove invece si ha esclusivamente acqua dolce
è possibile rinvenire la Typha, soprattutto Typha
latifolia. (da Sburlino G., “La vegetazione delle valli da
pesca della provincia di Venezia”, in AA.VV., “Le Valli da pesca del comprensorio
veneziano dal Tagliamento al Brenta”).
L’importanza delle valli da pesca risiede nel fatto che tale ambiente ha
sostituito, nella sua funzione di nicchia
ecologica, la fascia delle paludi e degli acquitrini che una
volta si trovavano nella gronda lagunare. La chiusura fissa degli argini
delle valli ha però privato la laguna
dei benefici derivanti da tale sostituzione.
Tra le valli che sono tuttora attive nella laguna
nord si possono ricordare la Val Dogà, che con i suoi 1685 ettari di superficie
è la più estesa, Grassabò, Dragojesolo, Cavallino, Lio Maggiore, Liona,
Perini.
Nella laguna
sud si trovano le valli Serraglia, Averto (in parte utilizzata come oasi
del WWF), Contarina, Zappa, Figheri, Pierimpié, Morosina, Millecampi.
(da Rallo G., “Guida alla natura nella laguna di Venezia – Itinerari,
storia e informazioni naturalistiche”).
Attualmente è in corso un dibattito sull’opportunità
di riaprire le valli da pesca all’espansione di marea.
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